Anteprima - La Melodia Creatrice

CAPITOLO 1 - Alla luce

 

Giulia sospirò, aveva la mani appoggiate al suo uovo. Il suo uovo. Lo aveva deposto lei. Certo la situazione sarebbe potuta sembrare buffa, se non fosse stata invece così assurdamente complicata e misteriosa. Era stato terribilmente doloroso partorire il suo uovo, nonostante fosse ancora trasformata in Sirio, la fatica estenuante e il fuoco lacerante, l’impressione di doversi dilaniare per poterlo fare uscire...

Era ancora molto provata, ma finalmente aveva potuto tornare a essere se stessa. Pietro era rimasto sempre al suo fianco, condividendo ogni sensazione ed emozione. La vecchia e saggia Yamanuelle, la sua bisnonna, aveva provato ad allontanarlo in ogni modo. Gli aveva detto chiaramente che la mente e la sfera sensoriale di un uomo non erano in grado di sopportare i dolori del parto, che ne sarebbe uscito distrutto. Tutto inutile, anzi quelle parole avevano rinforzato in lui la determinazione a rimanere accanto a lei.

Adesso dormiva esausto con la testa appoggiata al suo petto, come faceva sempre lui. Gli passò le mani tra i capelli ispidi e lo accarezzò, visualizzando nella sua mente i tratti del suo viso che conosceva a memoria. I suoi occhi neri e profondi erano chiusi e le lunghe ciglia abbassate a sfiorare la pelle scura, la sua bocca era socchiusa, le sue labbra morbide che la stordivano con i suoi inebrianti baci e che le sorridevano impertinenti quando si divertiva a prenderla in giro. Poteva solo immaginarlo, perché la sua vista non era ancora tornata ed erano passati più di tre mesi dall’aggressione che aveva subito a Music Farm. Erano tutti sicuri che prima o poi sarebbe tornata a vedere, ma il tempo passava e i suoi occhi non si decidevano a guarire.

Allontanò quel triste pensiero, assaporando appagata il contatto con il corpo addormentato di Pietro abbandonato su di lei, come amava dormire lui, per poter ascoltare il battito del suo cuore, ma questa volta, tra i loro ventri c’era l’uovo.

Durante il periodo della cova interna, Giulia era dovuta rimanere trasformata in Sirio, la donna-serpente, altrimenti non avrebbe potuto portare a termine la sua gestazione. Quell’uovo che avevano concepito Sirio e Leo, le loro controparti trasformate dall’antico potere in Umanimusi.

Sirio e Leo avevano agito come gli animali, guidati principalmente dall’istinto ed essendo profondamente attratti l’uno dall’altra, i loro primi incontri si erano conclusi con un’inevitabile unione passionale. Risultato: avevano concepito un uovo, con estrema sorpresa di tutti.

Non sapevano esattamente cosa ne sarebbe uscito, sicuramente un piccolo Umanimusi, ma c’era una domanda che continuava ad assillare Giulia: si trasformerà in un essere umano o rimarrà per sempre un terribile mostro con sentimenti umani, condannato a una vita di solitudine?

Nessuno lo sapeva, era la prima volta in assoluto che capitava qualcosa del genere nel mondo della Musicomagia. Stefano aveva setacciato libri e scaffali della biblioteca di Armonia, ma non aveva trovato nessun accenno a nulla di simile, nemmeno nelle antiche leggende.

Anche Filippo era rimasto perplesso e sconcertato da quella faccenda.

Comunque Giulia, con l’amore e l’appoggio incondizionato del suo Pietro, avrebbe affrontato qualsiasi cosa, dopotutto era una creatura frutto della loro unione e l’avrebbero cresciuta insieme facendo tutto quello che sarebbe stato loro possibile per il suo bene.

 

Giulia si addormentò. Come ormai le succedeva da più di un mese, la sua coscienza trasmigrò in quella di Luna, una I.I.I., ovvero “Individuo a Identità Indotta”, un specie di clone, ma Giulia preferiva definirla la sua gemella.

Ricordava bene quanto fosse stata contraria alla clonazione, ma poi aveva gli aveva dato ad Alec il suo materiale genetico e il permesso di clonarla, per avere una compagna.

Di certo nessuno avrebbe mai immaginato quello che poi era accaduto dopo. Quando Giulia era stata risucchiata nel suo nuovo corpo, una piccola parte della sua essenza vitale vi era rimasta legata. Così, ogni notte, quando si addormentava si ritrovava su Alfa Uno nel corpo di Luna assieme ad Alec. ,

Aprì gli occhi. Ormai aspettava con ansia la sua vita notturna perché, in quei momenti, poteva vedere.

Alec non era lì. Il posto nel letto accanto a lei era vuoto e le lenzuola erano fredde. Dov’è andato? Giulia si agitò, non le era mai capitato di ritrovarsi da sola, perché Alec lascia Luna da sola di notte?

Si alzò inquieta, il piccolo appartamento super computerizzato ormai le era familiare. Aprì il frigo e si versò una di quelle strane bevande colorate al gusto di frutta. Si affacciò velocemente sul magazzino sottostante, ma non c’era nessuno. Cercò con la mente nei ricordi di Luna, Alec non le aveva detto dove andava e nemmeno che se ne sarebbe andato, ma scoprì che spesso la lasciava sola, lì non era in pericolo e il ragazzo andava e veniva di continuo, mente Luna non era mai uscita dal loro nascondiglio.

Giulia si sentì amareggiata per lei. Povera creatura, rimaneva rinchiusa per tutto il tempo. Luna non era triste, era talmente ingenua e spaventata che era ben felice di starsene al sicuro, ma Giulia avrebbe voluto che Alec la portasse via di lì, magari ad Armonia. In realtà Giulia avrebbe voluto averli entrambi al sicuro con lei, ma Alec non voleva lasciare Alfa Uno. Sapevano che Rodolfo stava per prendere il posto del capo supremo dei Tecno con lo scopo di mettere fine alla guerra, ma avrebbe avuto bisogno di aiuto e Alec era l’unico aggancio rimasto sul pianeta. Se fossero andati ad Armonia, non sarebbero più potuti tornare, perché per aprire un portale interdimensionale ci voleva qualcuno che suonasse nello stesso istante nella zona di destinazione. Aveva assicurato, però, che stava mettendo a punto un congegno in grado di aprire un portale automaticamente.

Giulia attraversò il poggiolo interno che sovrastava il magazzino e si recò alla serra. Sopra l’appartamento c’era un piccolo angolo verde, con piante, fiori e rose. Giulia pensava che fosse un piccolo spicchio di Armonia, lo aveva costruito proprio suo nonno Rodolfo, quando era stato costretto a vivere sotto copertura su Alfa Uno per molto tempo. Aprì la porta e fu investita dall’umidità e dalla forza vitale emanata dalle piante. Si sedette sul divanetto e sospirò, non le piaceva stare lì da sola. Avrebbe voluto trovare Alec ad aspettarla per raccontargli dell’uovo, in fondo conteneva il suo nipotino. Aveva voglia di rivederlo.

Alec era identico a Pietro e a Giulia mancava davvero tanto non poterlo più vedere, non se ne era resa conto finché non si era ritrovata nel corpo di Luna e aveva potuto rivedere i dolci occhi neri di Alec.

Sentì un rumore di sotto.

«Luna! Dove sei?» Era Alec, la sua voce era allarmata. Sentì correre su per le scale e la porta si spalancò.

Alec oscurò la soglia con il suo alto fisico massiccio, entrò e Giulia si voltò verso di lui, fissò il suo viso. Vi scorse la preoccupazione, ma subito si indispettì. «Perché non mi hai risposto?» la rimproverò. I suoi occhi scuri la inchiodarono.

Giulia si sentiva sciogliere ogni volta che la guardava, ma era stanca. Aveva avuto una giornata davvero faticosa e quando era arrivata lui non c’era. Così si imbronciò e rispose seccata: «Forse non dovresti lasciarmi sola di notte!»

Il viso di Alec si addolcì trasformato dal suo mezzo sorriso. «Giulia...» In un attimo percorse la distanza che ancora li separava, si sedette accanto a lei e l’attirò a sé. «Come stai, tesoro?»

Giulia si scostò impercettibilmente sentendosi ancora un po’ offesa.

«Dai, non farmi il broncio, lo sai che poi mi tocca baciarti.» Detto questo le prese il viso tra le mani e posò le labbra sulle sue imbronciate, sorridendo divertito.

«Lasci sempre Luna da sola, così?» lo rimproverò ancora. «Sono arrivata e non c’eri.» Guardava in basso, se avesse permesso ai suoi occhi neri e dolci di catturare il suo sguardo, non sarebbe riuscita a resistergli. «Non le hai detto dove andavi e nemmeno che saresti uscito!»

Alec rise di cuore. «Per fortuna lei non è proprio identica a te!» La stuzzicò divertito baciandola ancora.

«Smettila di baciarmi, altrimenti lo dico a Pietro.» Cominciava a cedere.

«Allora tu smettila di fare il broncio» le disse dolce, poi le alzò il mento e la costrinse a guardarlo. «Come mai sei così arrabbiata con me, che è successo?» ovviamente lui aveva intuito qualcosa.

Giulia sospirò. «L’uovo.»

«Cosa è successo?» Alec si era fatto serio.

Giulia scosse la testa. «L’ho partorito.» Deglutì a fatica, il solo ripensare all’estenuante momento la fece sentire debole e sfinita. «Oggi, poco fa.»

Alec sorrise entusiasta e l’abbracciò stretta, facendola sedere in braccio a lui. «Fantastico!» esclamò, ma vedendo la sua espressione la guardò perplesso.

«È stato...» Giulia scosse la testa senza riuscire a trovare le parole. «Credevo di morire. Di non farcela.»

Alec la strinse forte, poi la sollevò e la portò di sotto nell’appartamento, adagiandola dolcemente sul letto. «È andato tutto bene?» volle sapere.

Giulia annuì. «Adesso dobbiamo solo aspettare che si schiuda.»

«Non devi preoccuparti di quello che accadrà.» Alec era al corrente di tutti i problemi e delle perplessità di Giulia, ne avevano parlato ogni notte.

Giulia rimase in silenzio e si perse in contemplazione del suo viso.

«Dai, non guardarmi così, altrimenti non rispondo di me» la stuzzicò divertito.

«Lo sai che mi manca da morire non poter guardare più il mio Pietro» si giustificò arrossendo.

Alec rise dolce. «Come sta mio fratello?» Le fece una carezza. «È rimasto con te per tutto il tempo?»

Giulia sorrise e annuì.

«Lo sapevo.» Alec ridacchiò. «Avrei fatto lo stesso anche io.»

«Era così sconvolto che sembrava che avesse partorito lui.» Giulia ripensò a come era crollato su di lei esausto.

Un giramento di testa le fece capire che si stava per svegliare. «Devo andare.»

«Di già?» Alec era visibilmente dispiaciuto, per quanto Luna fosse adorabile accondiscendente e per niente testona, aspettava l’incontro con Giulia con ansia, anche se molte volte finivano per litigare o stuzzicarsi.

«Colpa tua» rispose tagliente. «Domani cerca di essere presente quando arriverò.»

Vide Alec sorridere divertito. «Sei adorabile quando ti arrabbi.» Le diede un bacio. «A domani, tesoro.»

 

Giulia si stava svegliando, o meglio era Pietro che la stava svegliando, baciandola con foga. Giulia riconobbe quel tipo di bacio. Era geloso.

Aprì gli occhi, ovviamente non vedeva nulla, ma dopo il suo incidente aveva imparato un diverso modo di vedere attraverso i suoi poteri mentali. Assomigliava alla visione a infrarossi, ma anziché rilevare le variazioni di calore, poteva percepire le emozioni e il potere di tutte le creature viventi. Pietro solitamente era di un rosso acceso, che aveva facilmente associato all’amore e alla passione, ma aveva molte striature viola. Il viola era indice di grande potere, ma pian piano aveva imparato a distinguerne le sfumature. Più precisamente era l’indaco il colore del potere, mentre la tinta delle violette era la gelosia. Molto spesso Pietro era viola. In quel momento era molto viola, con sfumature tendenti al blu che rappresentava il dolore e la sofferenza emotiva.

Giulia lo assecondò e attese che sfogasse il suo attacco di gelosia acuto. Lentamente la foga passò e i baci e le carezze divennero più dolci.

«Scusa» sussurrò sulle sue labbra. «So che stavi dormendo.» Le accarezzò con la punta del naso la guancia. «E so che eri con Alec.» Il viola divampò.

Strano, pensò Giulia, non è mai stato geloso di suo fratello.

«So che è stata una giornata terribile per te. Ma avevo tanta voglia di vederti e di parlarti.»

Giulia gli sorrise e gli fece una carezza, era bello poter di nuovo sentire il calore della sua pelle direttamente su di lei, senza le squame di Sirio.

«Era da tanto che non ti vedevo.» Era da più di due mesi che Giulia era stata costretta a rimanere sotto la forma di Sirio.

«Lo so.» Lei gli passò le mani tra i capelli, immaginando i suoi occhi innamorati.

«Quando mi sono svegliato e ho visto che dormivi...» Le appoggiò le labbra sul collo. «Ho pensato che eri tra le braccia di Alec...» Un’altra vampata viola acceso. «...a condividere con lui il tormento che hai dovuto affrontare oggi.» Blu e grigio. «Mi dispiace tanto.»

Giulia entrò nella sua mente e sentì chiaramente che Pietro era rimasto distrutto dall’esperienza del parto del loro uovo. Inizialmente lo aveva quasi odiato perché le stava provocando tutto quel dolore, ma poi aveva capito che la creatura che cresceva lì dentro era innocente e che se qualcuno aveva delle colpe, era lui.

«Smettila» gli sussurrò. «Non hai nessuna colpa, è stato Leo e tu non avevi nessun controllo su di lui» cercò di rassicurarlo. «E poi non ha fatto tutto da solo, c’era anche Sirio.» Si schiarì la voce. «E tu sai che io avrei potuto, ma...» Arrossì ricordando la passione che si era scatenata in Sirio alla vista di Leo. «Non ho potuto farlo.»

Pietro finalmente sorrise e il blu si schiarì.

«Comunque adesso sto bene» lo rassicurò.

«Non sei arrabbiata con me, per averti svegliato e portato via da Alec?» le sfumature viola erano meno accese.

Giulia rise. «Sai che mi piace stare con Alec, perché posso vederlo e mi manca da morire non poterti guardare.» Sospirò «Comunque stasera stavamo litigando.»

Pietro rise. «E perché?»

«Non c’era!» disse Giulia indispettita. «Ho scoperto che lascia spesso Luna da sola!»

Pietro la baciò ancora. «Gliel’hai cantate, vero?»

«Certo!»

«Ti adoro.» Ma Giulia vide che era ancora decisamente sul viola.

«Da quando sei diventato geloso di tuo fratello?» lo smascherò.

«Io non sono geloso» si difese.

Giulia si schiarì la voce e lo guardò severa.

Pietro si arrese. «E va bene sono geloso, terribilmente geloso, anche di lui!» Nascose il suo viso sotto la sua ascella facendola ridere. «Sono un caso disperato.»

«Smettila» rise ancora Giulia.

«Perché tu ti confidi con lui, gli parli di tante cose e lui...»

«Lo sai che lui mi dice esattamente quello che mi diresti tu» cercò di farlo ragionare. «E comunque parlo anche con te.»

«Lo so» Pietro alzò il viso verso di lei.

Giulia immaginò che la stesse guardando con i suoi dolci occhi scuri così profondi. Accidenti, come mi manca potermi sciogliere sotto il suo sguardo.

«Il fatto è che lui ti adora, molto più di quanto adori la sua Luna, aspetta con ansia di trascorrere quell’ora con te, perché dice che tu gli fai provare delle emozioni intense, anche se litigate.»

Giulia non capiva, ma come fa a sapere queste cose?

«Io lo so come sei fatta, tu dai significato a ogni cosa che fai, anche quando non parli. Io ti adoro per questo.» Era molto accalorato. «E anche lui.» Sospirò sonoramente. «Ma tu sei mia, non sua» concluse.

Giulia sorrise e lo strinse forte a sé. «Sai qual è il problema? Luna.» Si sollevò leggermente per mettersi a sedere. «Quella povera creatura... È ovvio che non gli parli abbastanza o che non riesca a emozionarlo con la sua presenza o a litigare con lui... Lei non sa nulla, ha perso la memoria della sua vecchia identità.»

«Certo, non dev’essere bello sentirsi così» commentò Pietro.

«Io sento i suoi pensieri, lei si è aggrappata ad Alec, perché non ha altro, ha paura di tutto.»

«Dovrebbe farla uscire.»

«Alfa Uno non è il posto ideale e tieni conto che lei ha la mia faccia» disse Giulia. Poi ebbe un’idea. «Potrebbe venire a scuola qua.»

«Ma sì, basterebbe aprire un portale.» Pietro sembrava entusiasta.

Giulia lo guardò un po’ storto. «Saresti contento di avere due Giulie?» Se si fosse guardata probabilmente sarebbe stata un po’ viola anche lei.

Pietro rise. «In realtà sono molto curioso di conoscerla.» Sicuramente stava facendo il suo fantastico sorriso impertinente. «Penso che sia giusto che anche io e lei possiamo passare un po’ di tempo insieme.»

Giulia si imbronciò, non era poi più tanto convinta che fosse una buona idea.

Pietro la baciò, finalmente sereno e appagato, gli faceva sempre bene rendersi conto di quanto anche lei fosse gelosa di lui.

Rimasero un po’ senza parlare, poi Pietro si appoggiò al suo petto e sospirò. «Sai quando ti dicevo che noi avremo molti figli?»

Giulia ricordò quante volte gliel’aveva detto, soprattutto perché si divertiva a vedere la sua reazione.

«Beh, ho cambiato idea» disse serio. «noi non avremo altri figli.»

Giulia lo guardò stupita.

«Sì, non voglio mai più vederti soffrire in quel modo!» La strinse forte. «È stato terribile, sentire il tuo dolore e non poterti aiutare.»

Giulia si commosse. «Ma tu mi hai aiutato, eri lì con me, ho sentito il tuo amore e la tua forza.» Era ancora dura ripensarci. «Sai dicono che i dolori del parto si dimenticano appena si tiene tra le braccia il proprio figlio.» Accarezzò la superficie liscia dell’uovo.

Pietro si sollevò appena e prese il flauto. «Allora speriamo che nasca presto, non vedo l’ora di allontanare dalla mia mente il ricordo di quel dolore.» Cominciò a suonare per nutrire la creatura all’interno del loro uovo.

Giulia si accoccolò tra le sue braccia ad ascoltare la musica rilassandosi.

 

Nelle due settimane successive, l’uovo continuò a crescere di dimensione. Per fortuna era già fuori di lei, altrimenti non osava immaginare il dolore e la fatica per farlo uscire. Continuarono a suonare per lui e Yamanuelle si recava ogni giorno a controllarlo per verificarne lo stato di salute. Anche Giulia percepiva che stava bene.

Dopo qualche giorno cominciò ad avvertire la sua mente. Fu una sensazione bellissima, sentì come un soffio leggero, una muta domanda. Come un timido: “Ehilà? C’è nessuno lì fuori?”. La prima volta Giulia pensò di esserselo immaginato, ne parlò con Pietro e da quella volta stettero tutti e due molto vigili e cominciarono a inviargli pensieri rassicuranti.

Poi successe ancora, erano entrambi sdraiati lì accanto. Di nuovo un soffio. Giulia e Pietro si guardarono simultaneamente, ovviamente Giulia non vide gli occhi sorpresi ed entusiasti di Pietro, ma percepì le sue emozioni.

"Hai sentito?" sussurrò direttamente nei suoi pensieri, stringendole la mano.

Giulia annuì.

Entrambi si avvicinarono e accarezzarono la superficie liscia del loro uovo.

Giulia cercò la sua mente e, assieme a quella di Pietro, espansero i loro pensieri come erano abituati a fare per cercare un animusi sperduto e percepirne la mente.

Era leggera e delicata come il batter d’ali di una farfalla. Sentirono la sua curiosità e la sua fiducia, sapeva che lì fuori c’era qualcuno che si stava prendendo cura di lui.

Giulia sentì le lacrime scendere sul suo viso. Poi la mano di Pietro l’accarezzò per raccoglierle. "È fantastico." Anche lui era commosso. Da quel magico momento continuarono a parlargli e inviargli i loro pensieri e sentimenti.

 

Fu un periodo abbastanza tranquillo. Giulia si era ripresa velocemente e Pietro era veramente felice di riaverla finalmente in forma umana. Nonostante adorasse Sirio, Giulia gli era mancata tanto, inoltre aveva avuto paura ad abbracciarla troppo forte.

«Non vorrei che ti si rompesse l’uovo nella pancia» diceva sempre, facendo ridere Sirio.

La sua gelosia nei confronti di Alec si era un po’ attenuata, ma non del tutto. Stavano cercando di convincerlo a mandare Luna ad Armonia. Giulia aveva scoperto che lui e Pietro si parlavano molto spesso attraverso uno specchio, un piccolo portale in grado di mostrare una persona lontana. Ne era rimasta stupita. «Di cosa parlate voi due? E perché non me l’hai mai detto?»

Pietro aveva riso. «Parliamo soprattutto di te e gli comunico le notizie da parte dei Guardiani.»

Dopo aver recuperato il flauto dorato, anche Giulia avrebbe dovuto farne parte, il loro capo le aveva chiesto espressamente di diventare la sua assistente, ma prima per l’incidente alla vista, poi per la storia dell’uovo, aveva momentaneamente sospeso il suo addestramento.

Giulia e Pietro avevano discusso parecchio tra loro su come comportarsi alla schiusa dell’uovo. Yamanuelle riteneva che per il piccolo sarebbe stato meglio trovarsi davanti due genitori uguali a lui, quindi avrebbero fatto meglio a trasformarsi.

Pietro non ne era convinto, sapeva che appena nate le creature ricevono l’imprinting cioè identificano la propria madre con il primo essere vivente che vedono, quindi il loro piccolo avrebbe sempre associato Sirio alla propria figura materna.

 

Era sera quando Giulia sentì il primo scricchiolio, subito si avvicinò all’uovo per verificare a tatto la presenza di un'eventuale incrinatura.

Sì, l’uovo sta per schiudersi.

Mandò immediatamente un messaggio mentale a Pietro che era ancora nelle stalle a lavorare.

Il cuore cominciò a martellarle in gola, il momento stava per arrivare, tra poco avrebbero visto loro figlio.

Pietro arrivò trafelato, in realtà non era passato molto tempo, ma Giulia era molto agitata, aveva cominciato a suonare per rinforzare la creatura all’interno. Sapevano che per rompere il guscio ci voleva molta energia, il piccolo doveva fare il suo primo sforzo muscolare. Sentiva la mente del piccolo agitarsi. Anche lui aveva capito che era arrivato il momento.

«Trasformati» le disse piano Pietro prendendo il suo flauto. «Suonerò io per lui, finché non sarà quasi uscito.»

Giulia annuì e divenne Sirio, cercò la mente del piccolo ed entrò in contatto con lui, ma percepì un lieve timore, non l’aveva riconosciuta.

La musica di Pietro diede energia al piccolo che cominciò a fare forza dall’interno. Una parte dell’uovo si ruppe, ma non usciva nulla. Pietro smise di suonare e stava per trasformarsi in Leo, ma Sirio gli appoggiò una mano sul braccio. «Aspetta.» Tornò a essere Giulia e sentì la sorpresa di Pietro, ma anche la tranquillità del piccolo.

«Credo che tu avessi ragione sull’imprinting. Non voglio che pensi che sua madre sia Sirio, sarò io a prendermi cura di lui» disse piano. «Saremo io e te» si corresse.

Pietro annuì, ma sentiva che non era convinto, di solito Giulia seguiva i consigli di Yamanuelle, più che i suoi.

«Noi vogliamo che sia umano» gli spiegò Giulia. «Se ci vede umani, forse proverà a trasformarsi come noi.»

Pietro le strinse la mano, il guscio stava per cedere. Giulia voltò lo sguardo verso l’uovo. Avrebbe tanto voluto poter vedere il piccolo uscire. Lo voleva con tutto il cuore, non poteva accontentarsi della sua visione colorata. Strinse gli occhi e per un attimo li chiuse concentrandosi, come se sforzandosi potesse in qualche modo far tornare la sua vista. Era un momento troppo importante.

«Giulia...» Sentì l’agitazione di Pietro e aprì gli occhi.

La parte superiore del guscio si sollevò e vide una mano spingerla via, era una piccola mano squamosa. Dal buco spuntò fuori un musetto curioso, era come Sirio, un piccolo bambino-serpente. I suoi occhi erano grandi e arancioni come tutti i cuccioli di animusi. Spostò lo sguardo da lei a Pietro e sorrise, mostrando i suoi piccoli denti aguzzi. Poi si voltò verso di lei inclinando la testa e l’aveva riconosciuta, sapeva che lei era la sua mamma e pensava che fosse molto bella.

Le lacrime le offuscarono la vista. La vista? Giulia sbatté le palpebre, sto vedendo!

E non attraverso Pietro, subito si voltò verso di lui e finalmente lo vide. Pietro stava guardando incantato il loro piccolo, il suo viso era l’immagine della dolcezza, aveva quello sguardo che di solito riservava solamente a lei e sorrideva appena commosso, aveva allungato una mano verso il piccolo che subito l’afferrò stretta. Pietro alzò lo sguardo verso di lei e si bloccò.

«Giulia, ma tu...» La guardò attentamente.

Giulia annuì impercettibilmente.

Pietro chiuse gli occhi sospirando di sollievo e l'immensa gioia trasparì dal suo viso. Guardò ancora verso il piccolo e lo sollevò per avvicinarlo a lei.

«Ciao piccolino.» Pietro lo avvolse in un sottile asciugamano e lo fece sedere sulla sua coscia. Era già molto grande, circa come un bambino di otto o nove mesi, teneva la testa diritta e anche la schiena. Era bello, certo era un piccolo mostriciattolo, ma Giulia pensò che fosse la creatura più dolce e tenera che avesse mai visto. Poi il piccolo prese il dito della mano di Pietro a cui si era attaccato e se lo portò alla bocca, cominciando a ciucciarlo sonoramente.

Pietro guardò Giulia perplesso. «Credo che abbia fame.»

Giulia fece per prendere il flauto.

«Ferma» le disse dolce Pietro. «Lo hai detto tu. Vogliamo che sia umano.»

Giulia lo guardò senza capire.

Pietro fece il suo mezzo sorriso. «Credo che dovresti allattarlo.»

Giulia strabuzzò gli occhi. «Allattarlo? Ma io non credo...»

Pietro rise. «...di avere latte?» Con il mento le indicò il suo petto.

Giulia scosse la testa, non era preparata a questo, non pensava che il suo corpo fosse preparato ad allattare, in fondo non aveva avuto una gravidanza vera e propria.

Pietro scosse la testa divertito. Adagiò il piccolo tra le gambe di Giulia, come fosse in una culla. Senza troppa delicatezza le sbottonò la maglia, poi sotto il suo sguardo stupito, sollevò appena la testa del piccolo e glielo avvicinò al seno. Il piccolo agitò la testa, si attaccò con avidità.

Giulia trasalì per la sorpresa e anche per il male. Stava decisamente mordendo e i suoi denti aguzzi erano piantati nella sua pelle. Il piccolo, però, si accorse subito che le stava facendo male e cominciò a succhiare in modo più delicato, senza morderla. Giulia percepì una sensazione stranissima, sentiva formicolare il collo e le spalle, lei era sicura che non sarebbe uscita nemmeno una goccia di latte, non era possibile, ma il piccolo stava deglutendo sonoramente.

Giulia non riusciva a togliere gli occhi da lui, lo avvolse con le braccia per sostenerlo. Poi alzò lo sguardo verso Pietro, stava sorridendo commosso. Mentre lo guardava appagata, gustandosi finalmente la vista di quel viso che tanto le era mancato, lo vide sgranare gli occhi sorpreso, quasi spaventato. Preoccupata abbassò lo sguardo e vide anche lei.

Il piccolo stava emanando una strana luminescenza, man mano che si nutriva lo videro trasformarsi sotto i loro occhi, la sua pelle squamosa divenne liscia e bianca, mentre i suoi capelli divennero neri, si staccò soddisfatto con un rivolo di latte che gli colava ancora dall’angolo della bocca e guardò Giulia con i suoi grandi occhi verdi. Verdi come i suoi.

È diventato umano!

Non poteva crederci, sentì un nodo sciogliersi nel suo cuore, la paura che l’aveva attanagliata per tutti quei mesi, finalmente l’abbandonò. Lo guardò incredula ed ebbe la strana impressione di guardare se stessa, aveva il suo stesso sguardo. Il piccolo emise un gridolino delizioso e Pietro li abbracciò circondandoli entrambi con le sue grandi braccia.

«Ehi» sussurrò piano a Giulia. «Non gli abbiamo ancora detto il suo nome» le fece notare.

Giulia si riscosse leggermente e sorrise. «Ciao, benvenuto piccolo il tuo nome è Rodolfo, come il mio fantastico nonno.» Si avvicinò sfiorando il naso contro il suo. «Ma per ora ti chiameremo Rudy.»

«Già» Pietro lo sollevò in alto, facendolo ridere. «Rodolfo Accordi Leoni» precisò.

Giulia si voltò verso di loro e si strinse forte al petto di Pietro che dolcemente le porse ancora Rudy. Il piccolo si sdraiò tra le sue braccia e strisciò il suo musetto sul petto di Giulia finché non trovò quello che cercava. Aveva ancora fame.

Giulia e Pietro si guardarono ridendo e poi abbassarono lo sguardo su loro figlio.

Era bellissimo, era perfetto ed era umano. Era avvenuto una specie di miracolo, anzi due pensò Giulia condividendo con Pietro la sua gioia.

Aveva visto suo figlio venire alla luce e diventare umano.

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